Il significato profondo di vita e morte

Qual è il senso dell’esistenza? E qual è il significato della morte?

Questi non sono quesiti di poco conto. Anzi, sono domande che l’umanità si pone incessantemente dall’inizio dei tempi, e che hanno permeato la storia e la letteratura. Cerchiamo di offrire il nostro contributo in merito.

Il senso della vita

Esistono innumerevoli interpretazioni e analisi sullo scopo reale della vita. Un contributo degno di nota è quello di Alfred Adler, secondo il quale il vero obiettivo dell’esistenza consiste nel superare l’eccessiva preoccupazione per sé stessi e nello sviluppare un interesse sincero e profondo verso gli altri, definito sentimento sociale. Proprio come un bambino cerca l’amore dei genitori, l’adulto desidera l’accettazione dai suoi pari, sentendosi parte integrante di una comunità.

Il sentimento sociale è, dunque, la componente più vitale della nostra educazione e della nostra vita. Se l’individuo isolato rischia l’alienazione, la persona accettata prospera. Per poter essere utili al mondo, è necessario prima di tutto accettare noi stessi e la nostra natura. Non può esserci successo senza accettazione e contributo sociale; anzi, il successo può essere definito come la ricompensa per aver soddisfatto un bisogno altrui.

Spesso combattiamo con la paura di non essere all’altezza e con convinzioni radicate che avevano senso nell’infanzia, ma che oggi risultano obsolete. Per questo, la società può apparire come una foresta intricata dove si rischia di essere giudicati ed esclusi a causa delle proprie debolezze e imperfezioni.

Per Adler, il vero senso di una vita equilibrata risiede proprio in questo: trovare sé stessi per capire in che modo si può migliorare la vita degli altri. Quando questo percorso si realizza con relativa semplicità, si sperimenta un senso di completezza e felicità, il segnale inequivocabile di aver trovato il senso della propria vita.

Il senso della morte

La morte rappresenta la cessazione dell’esistenza corporea e può irrompere nella nostra vita attraverso la perdita di persone significative, una diagnosi infausta che riguarda noi stessi o altri, o più semplicemente condizionarci con la paura di morire o che muoiano i nostri cari.

Quando si verifica la perdita di una figura importante (un genitore, un figlio, un fratello, un amico molto caro), l’assenza fisica genera un’intensa sensazione di vuoto e una profonda sofferenza sia psicologica che fisica. Ciò può manifestarsi con una chiusura emotiva e il disperato desiderio di non proseguire la propria vita senza quella persona che era non solo un affetto, ma anche un punto di riferimento e un sostegno. In particolare, la morte di un figlio porta un dolore tale da travolgere la coppia genitoriale, sfociando spesso nella rottura del legame.

In generale, di fronte alla morte, ci confrontiamo con un evento troppo grande, sul quale non abbiamo alcun potere o possibilità di intervento. La mente si popola di dubbi, incertezze e ansie. Le condizioni di vita iniziali subiscono mutamenti, e siamo costretti a riorganizzare la nostra esistenza pieni di timore.

Anche il rischio connesso alla morte per malattia o diagnosi grave genera paura, sia per chi vive la malattia in prima persona sia per i familiari e gli amici più stretti.

Eppure, non tutti affrontano il lutto, la malattia o la paura della morte allo stesso modo. La cultura e la religione possono influenzare profondamente il concetto stesso di morte. Alcune culture credono nella reincarnazione (il rinascere in altre forme o corpi), altre nella vita ultraterrena (la resurrezione dell’anima dopo il trapasso). In altre ancora, la morte è considerata una vera e propria “festa” per la nuova vita. Tutte, comunque, cercano di dare una spiegazione all’evento, arricchendolo con le proprie convinzioni.

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